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Si chiama Turcica, la nuova rubrica di East Journal in linea da oggi e che per venti settimane racconterà la storia dei popoli turchi. Ce la racconta il suo giovane autore, Carlo Pallard.

Turcica, i Turchi oltre la Turchia
Fonte immagine: http://www.italiamedievale.org/

Quando si sente il termine “Turco”, immediatamente si richiama alla mente la Turchia. Tuttavia i Turchi anatolici sono solo una parte delle popolazioni turche presenti nel mondo, la cui storia è millenaria e che nel corso dei secoli si è differenziata in varie parti del continente EuroAsiatico, dalle Steppe Russe, al Medioriente sino all’Europa Orientale.

Turcica è il nome della nuova rubrica che da venerdì 12 Febbraio alle 13.00, per almeno venti settimane, sulla rivista di studi politici, East Journal, ci accompagnerà settimanalmente alla scoperta di questo variegato popolo accomunato da lingue provenienti dallo stesso ceppo linguistico. Autore di questo lavoro divulgativo è Carlo Pallard, laureato in Scienze Storiche all’Università di Torino dove ha sviluppato una tesi dedicata a Ziya Gökalp, forse il più importante pensatore politico della Turchia moderna.

Carlo Pallard, curatıre di Turcica per East Journal
Carlo Pallard, turcologo e autore di Turcica per East Journal

Turcica, da dove nasce l’idea di una rubrica sui popoli Turchi e soprattutto del nome ?

La rubrica e anche il nome sono nati in relazione al nostro giornale e a un’esperienza precedente. Il nostro direttore, Matteo Zola, aveva fatto l’anno precedente una rubrica simile sulla storia dei popoli slavi. Poi mi ha proposto di farne una analoga relativa ai Turchi. Abbiamo scelto il nome Turcica per ricordare il nome dell’altra rubrica che era “Slavia” ed un’altra dedicata all’Iran: “Iranica”. E’ un nome di origine latina con riferimento ai Turchi e ci è sembrato adatto alla rubrica.

Cosa troviamo nel primo numero?

Il primo numero è sulla origine della civiltà turca, le origini siberiane e quindi della confederazione degli Xiongnu, una confederazione tribale a nord della Cina antica; siamo attorno al 300 a.C. Sono la prima esperienza di confederazione tribale, costituita probabilmente da elementi sia proto-turchi sia proto-mongoli anche se l’origine non è molto certa ed è in atto una discussione su quale fosse la loro origine, poiché non ci sono elementi per i quali determinare esattamente che lingua parlassero.

Nell’articolo di presentazione alla tua rubrica, sollevi la questione dell’identità che spesso viene fatta tra il Turco e l’İslam che storicamente, però, è una cosa molto recente…

Si è un collegamento che nella storia dei Turchi è relativamente recente. Anzi, una delle caratteristiche dei turchi antichi, e in genere di tutti i popoli della steppa che, in un certo periodo, dopo l’impero dei Turchi Celesti, Gök Türk, questo termine che originariamente era utilizzato per indicare solo una piccola parte del mondo turcofono, poi fu esteso oltre il mondo turcofono per indicare tutti i popoli della steppa; tant’è che i Bizantini utilizzavano il termine “turchi” per indicare i Magiari, che non sono propriamente Turchi e non parlavano la lingua turca, ma appartenevano a quella civiltà.

Una delle caratteristiche di questa civiltà era un mondo spirituale e religioso originale e profondamente diverso sia da quello abramitico sia da quello orientale. Avevano questa religione, il Tengrismo, che era una sorta di panteismo ma aveva anche delle divinità. Era monistica, ovvero le diverse divinità e le forze della natura erano espressioni di un unico principio divino vitale. Era quindi molto diverso…

Quindi non aveva niente a che vedere nemmeno con il politeismo greco…

No, era piuttosto diverso e ancora oggi sopravvivono ancora queste forme di animismo, perché di questo si tratta, anche tra i turchi, ma non solo. Tanto è vero che la parola sciamano deriva dalle lingue siberiane per indicare delle pratiche che sono associate a questo tipo di religione.

Era profondamente diverso dall’Islam. Successivamente ci fu la conversione di gran parte dei popoli turchi ma non fu mai assoluta. Fu una tendenza che si manifestò in alcuni abbastanza presto, in altri piuttosto tardi e in altri ancora non si è mai manifestata. Ci sono ancora oggi popoli turchi che non sono musulmani, ma sono cristiani o addirittura pagani come i Gagauzi, il popolo più simile ai Turchi e agli Azeri, che vivono in una regione autonoma della Moldavia e sono Cristiani Ortodossi; ci sono i Ciuvasci, anche loro Cristiani Ortodossi, che parlano un turco non appartenente allo stesso ceppo linguistico degli altri ma che è la sopravvivenza della lingua originale parlata dagli antichi popoli turchi dell’Europa (Unni, Avari, dai Bulgari del Volga ai Kazari); ci sono gli Jakuti, collocati in una regione della Russia, che oggi sono Cristiani ma fino a poco tempo fa erano pagani; i Tuvani, che sono buddisti; sui monti Altai ci sono dei popoli che sono ancora pagani. Una cosa molto interessante dei turchi dei monti Altai è che in relazione alla conquista russa e all’attività missionaria cristiana, hanno sviluppato una sorta di neo-paganesimo. Anche tra i turchi musulmani ci sono zone, come la attuale Turchia, molto più integrate nella religione mentre altre sono molto meno islamizzate…

A proposito di islamizzazione. Frequentemente si parla di un processo di islamizzazione della Turchia…

La Turchia è stato sempre un paese profondamente musulmano. Da quando i sultani musulmani sono diventati, nel sedicesimo secolo, califfi dell’Islam, hanno voluto che in qualche modo l’impero non fosse musulmano solo formalmente ma anche profondamente musulmano, profondamente “ortodosso”, quindi non solo nella sfera politico-religiosa, ma anche nella società. Detto questo, la Turchia è rimasta tale anche nel periodo Repubblicano perché se da un lato è stato messo in discussione il ruolo della religione nella sfera politica e anche pubblica, dall’altro l’identità musulmana non è mai stata messa in discussione. Per lo stesso Atatürk, penso, il turco fosse soprattutto musulmano, quantomeno di cultura: da un lato si secolarizza l’islam, ma dall’altro l’essere musulmani è un tratto fondante dell’identità turca. Quello che sta succedendo è che l’Islam sta riemergendo come forma di identità politica e sta conquistando uno spazio pubblico che non sempre, almeno dal punto di una visone laica, è corretto e salutare.

Un libro che consiglieresti per avvicinarsi a questa storia così variegata?

In italiano è disponibile la stupenda “Storia dei turchi” di Jean-Paul Roux, un’opera piuttosto voluminosa e impegnativa, ma che ogni persona interessata all’argomento dovrebbe leggere. In inglese – o in turco, per chi lo conosce – ci sono anche altre opere che riprendono la storia generale dei popoli turcofoni. Ma forse nessuna al livello di quella di Roux, che è stato un grande studioso ma anche uno scrittore di talento. Penso che dopo aver letto i miei articoli introduttivi su EJ, il nostro lettore più appassionato dovrebbe innanzitutto leggere questa Storia dei turchi di Jean-Paul Roux (Argo ed., Lecce 2010). Ovviamente la speranza è che poi non ci si fermi più di voler leggere e conoscere.