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(riprese e montaggio: Paolo Pinzuti – Trascrizione: Simone Favaro)

In occasione della decima conferenza internazionale sugli studi empirici applicati alle scienze sociali organizzata dalla Izmir University of Economics, abbiamo incontrato ed intervistato il Prof. Emiliano Brancaccio a cui abbiamo chiesto della situazione economica sia dell’Italia sia della Turchia. 

Il Nuovo Levantino: E’ davvero l’Euro la causa della crisi in Italia?

Emiliano Brancaccio: L’Italia è un paese che ha attraversatouna fase cosidetta di declino industriale già prima che scoppiasse la cosidetta “Grande Recessione”. Molti ritengono – e io mi sento di condividere questa tesi – che l’Italia paghi il prezzo di uno slogan che è andato di moda negli anni passati ma che poi si è rivelato pieno di grandi contraddizioni. Era lo slogan “Piccolo è bello”, quella idea secondo cui la struttura produttiva del capitalismo italiano fatta di piccole e piccolissime imprese dovesse essere in qualche modo favorita e bisognasse in qualche modo concepire questa piccola e piccolissima impresa come una virtù italiana piuttosto che come un vincolo. In realtà con la crisi ci siamo resi conto che queste realtà imprenditoriali così piccole e così microscopiche patiscono gli effetti di una crisi di queste proporzioni e quindi, evidentemente oggi, ci rendiamo conto del fatto che non avere stimolato uno sviluppo di tipo capitalistico e di crescita dimensionale delle imprese, lo stiamo pagando caro. Detto questo, però, è anche vero che l’Italia patisce in misura doppia gli effetti della crisi per ragioni che non hanno a che vedere con la sua struttura produttiva o con la sua storia ma per ragioni legate alla politica economica. L’Italia ha perso dal 2008 al 2013 circa un milione di posti di lavoro ed è ragionevole ritenere che se non si fosse trovata in quella che possiamo ritenere una gabbia macro-economica, quella dell’Euro e quella dell’Unione Europea, l’Italia avrebbe qualche chance in più di gestione della crisi. Faccio soltanto un esempio tra i tanti che potremmo fare: uno dei votivi per cui l’Italia subisce gli effetti della crisi all’interno dell’Eurozona in misura così accentuata, verte sul fatto che in Italia il costo unitario del lavoro nell’arco di circa tredici anni dalla nascita dell’Euro in poi è cresciuto di circa il 38%. In Germania, che è il diretto competitore dell’Italia,  il costo del lavoro è aumentato di appena l’11% (costo del lavoro per unità di prodotto). E questo grazie al fatto che  i tedeschi hanno attuato una politica di feroce competizione salariale al ribasso. Ciè l’obiettivo dei tedeschi è stato quello di contenere al massimo i salari relativi per fare concorrenza con gli altri paesi dell’unione monetaria europea, in particolare con l’Italia. A fronte di questa politica di competizione salariale attuata dalla Germania, l’Italia, non potendo disporre dello strumento del cambio, si è trovata del tutto impotente, del tutto impreparata, restando fuori dalla zona euro evidentemente avrebbe potuto reagire con una svalutazione. Questo è uno degli esempi che si potrebbero fare del motivo per cui l’Eurozona, purtroppo, purtroppo,  è più una gabbia che una opportunità.

Il Nuovo Levantino: Quindi la soluzione per l’Italia è uscire dall’Euro?

Emiliano Brancaccio: Non bisogna farla così facile. Io, personalmente, nel corso di questi anni, ho cercato di avanzare delle critiche sia a quelli che definisco i Pasdaran pro euro (ciè quelli che ritengono che l’euro sia la nostra salvezza – l’euro non è purtroppo la nostra salvezza) sia ho criticato i cosidetti ultras anti-euro (cioè quelli che ritengono che uscendo dall’euro risolviamo tutti i problemi). In realtà una eventuale uscita dall’euro presenterebbe non pochi problemi e, come ho più volte sostenuto, e come del resto è condiviso dagli economisti più avveduti e meno faziosi, in realtà il problema è quello di capire come eventualmente si dovrebbe gestire una transizione verso l’uscita dalla moneta unica. Per dirla in maniera brutale, diciamo, esistono modi diversi di gestire una uscita dall’euro. Tanto per fare un esempio, esistono modi che consentirebbero attraverso meccanismi di politica economica, che sono stati adottati anche in passato, consentirebbero di proteggere i salari e le condizioni di lavoro dagli effetti dell’uscita. Ci sono invece altri tipi di uscita che favorirebbero niente altro che la speculazione internazionale. Per esempio se si esce e ci si affida al libero gioco del mercato dei cambi, ebbene in questo caso si favoriscono gli speculatori. Se invece si introducono dei constrolli sui movimenti di capitale, magari si introducono dei meccanismi di protezione dei salari, in questo caso si favoriscono i lavoratori.  Diciamo che non esiste mai una soluzione di politica economica che va bene a tutti. Le decisioni relative ad una eventuale uscita dalla moneta unica europea sono decisioni delicate che possono favorire gli uni o gli altri gruppi sociali.

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