La Turchia batte l’Italia per la libertà economica, ma resta “moderatamente libera”. Lo rivela la classifica 2014 dell’Indice delle Libertà economiche che posiziona la Turchia al sessantaquattresimo posto della sua classifica annuale. L’Italia, invece, si ferma all’ottantaseiesimo gradino a poca distanza (4 posizioni) dalla parte della classifica che riporta i paesi “per lo più non liberi”.

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Serie storica dell’Indice di Libertà Fiscale – Italia vs Turchia

L’indice delle libertà economiche (Index of Economic Freedom) è la classifica annuale realtizzata dal Wallstreet Journal in collaborazione con la Fondazione Heritage, il cui obiettivo è quello di misurare la capacità di un paese di sviluppare la propria economia favorendo la libera impresa, il libero commercio, la libertà di lavoro, di produzione, di consumo e di investimento.

“In una società economicamente libera – si legge nella introduzione al sito – i governi permettono che il lavoro, i capitali e i beni si muovano liberamente, e si trattengano da forme di coercizione e limitazione delle libertà al di là di quelle necessarie a proteggere e mantenere le libertà stesse”.

L’Indice è il risultato della combinazione di quattro aspetti: “Stato di diritto” (diritti di proprietà, libertà dalla corruzione), “Governo Limitato” (libertà fiscale, spesa del Governo), “Efficienza legislativa” (libertà di impresa, libertà di lavoro, libertà monetaria), “Mercati aperti” (libertà di commercio, libertà di investimenti, libertà finanziaria). La combinazione di tali aspetti si sintetizza in un indice (da 1 a 100) dove 1 è il paese con minore libertà e 100 il paese con maggiori libertà. Dominano la classifica, come paesi Liberi: Hong Kong, Singapore, Australia, Svizzera, Nuova Zelanda e Canada. Gli Stati Uniti si posizionano al dodicesimo posto tra i paesi “quasi del tutto liberi” con un indice in lieve flessione.

Libertà economica in Turchia

L’indice di libertà economica della Turchia è, per il 2014, pari a 64,9 (in crescita di due punti rispetto lo scorso anno) con un netto miglioramento nella libertà di lavoro, di investimento e del livello di libertà dalla corruzione (nonostante gli scandali dello scorso dicembre). Peggiora, invece, la libertà monetaria (probabilmente dovuto alla svalutazione della Lira) e la gestione della spesa governativa.

In generale, negli ultimi 20 anni, l’indice della libertà economica è cresciuto di 6 punti determinato da un miglioramento di 6 su 10 libertà economiche tra cui quella monetaria, libertà da corruzione e quella fiscale (che nello stesso periodo sono cresciute di 30 punti). Tuttavia questi risultati sono stati inficiati da un peggioramento dei diritti di proprietà e delle libertà finanziarie. Un altro neo è la libertà di commercio, essendo alcuni settori sottoposti a barriere doganali che incidono sulla circolazione non solo di beni e servizi, ma anche di materie di produzione.

Secondo l’analisi della fondazione Heritage, per stabilizzare il passaggio verso una economia di mercato sono necessarie “riforme istituzionali più incisive per assicurare lo stato di diritto e migliorare l’efficienza legislativa”

Libertà economica in Italia

L’Italia registra un punteggio di 60,9 (4 punti in meno della Turchia) collocandosi all’ottantaseiesimo posto, con un miglioramento di o,3 punti rispetto lo scorso anno in particolare nella libertà di investimenti e di commercio.  Di contro registra un peggioramento lieve nella libertà monetaria, di impresa e nella corruzione. Tra i paesi europei si colloca al trentacinquesimo posto su 34 (la Turchia al trentesimo su 43).

Negli ultimi 20 anni il suo indice è stato sostanzialmente stabile anche se quello del 2014 è l’indice più alto degli ultimi 4 anni. I risultati nella apertura dei mercati e nelle regole fiscali sono stati inficiati da un significativo declino dei diritti di propietà, della libertà dalla corruzione e della libertà del lavoro.

Il rapporto evidenzia che “a causa della complessità del quadro normativo e degli alti costi nel fare impresa, un elevato numero di attività economiche rimangono nel settore informale (mercato nero, NdR)”