Turchia: Pil +4% nel terzo trimestre
Immagine: Der Spiegel

Nel terzo trimestre il Pil della Turchia ha registrato un +4%, ben superiore al +2,7% previsto.  Nei primi nove mesi dell’anno la crescita si attesta al +3,4%. A fare la parte del leone è stato il settore agricolo che ha segnato una crescita del valore aggiunto pari al +20,1%. L’industria segna +7,5% mentre i servizi un +11,2%.

Anche i consumi delle famiglie sono in crescita, aumentando nel terzo trimestre, del +3,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La spesa centrale, altro fattore fondamentale, è cresciuta del +7,8%, mentre sono calate le esportazioni di beni e servizi (-0,6%) e l’importazione (-1%).

Il periodo di riferimento è quello immediatamente precedente alle elezioni politiche che, secondo il calendario statistico, rientrano nel quarto trimestre e in un arco temporale (luglio – settembre) in cui il paese è stato segnato da forti tensioni interne dovute alla non avvenuta formazione del governo e l’escalation nello scontro tra Governo e PKK ad est.

Se, dopo le elezioni, la prospettiva di stabilità si era fatta sentire anche sul cambio e sulla fiducia, la crisi con la Russia ha gettato nel panico molti operatori economici, sia del settore agricolo sia di quello dei servizi e, in particolare, il turismo, mentre la Lira Turca continua ad essere soggetta ad una forte volatilità nei confronti del dollaro e dell’euro.

Turismo: meno Russia, più Europa

La questione Russia, secondo le stime, potrebbe generare un danno di circa 4 miliardi di dollari. Come avevamo già raccontato (Leggi: “Jet Russo, l’impatto sull’economia turca e l’embargo“), Putin ha dato disposizione alle agenzie turistiche di cancellare i tour verso la Turchia, ha richiamato in patria i russi residenti nel paese e ha ripristinato la richiesta di visto per i turchi che intendono viaggiare in Russia. Sebbene Ankara stia cercando di abbassare la tensione per ripristinare gli accordi antecedenti l’accaduto, la Russia sembra irremovibile a patto che non vi siano delle scuse e una inchiesta formale sull’accaduto.

Al momento, quindi, sembra che nel 2016 la Turchia non potrà contare sul contributo importante del turismo russo. Per questo motivo, probabilmente, il Ministro della Cultura e del Turismo ha suggerito di incentivare il turismo dall’Europa (secondo quanto riportato da Türizmcuncel.com, si parlerebbe di “incentivi carburante” sulle linee da e verso il nord e l’Europa). La proposta, tuttavia, arriva dopo i dati deludenti che hanno visto in drastica diminuzione – da 2,7 a 1,9 milioni – gli arrivi europei nel 2015 (Hürriyet Daily News).

Energia: un’occhio al medioriente

Anche sul fronte energetico, il congelamento degli accordi sul Turkish Stream potrebbe portare l’incremento dei costi energetici, già segnati da continui aumenti inflazionistici e di conseguenza anche un impatto sull’inflazione. Sebbene al momento non risultino riduzioni di approvvigionamento da parte della Russia, e pur dichiarando che le tensioni non influenzeranno i progetti sul nucleare, Ankara sta spingendo su accordi commerciali con l’Arzebaijan ed il Quatar per quanto riguarda l’approvvigionamento di gas.

Occupazione: tra Siriani e aumento dello stipendio minimo

Nonostante il tasso di disoccupazione attualmente sia stabile al 10% circa, l’occupazione nei prossimi mesi potrebbe essere soggetta a un contraccolpo. Innanzitutto l’arrivo di profughi dalla Siria che, grazie allo stato di rifugiato e, quindi, titolati al permesso di lavoro, incrementano la forza lavoro non attiva (10.3% Settembre 2015 – Hürriyet Daily News). Dall’altro il tanto atteso aumento dello stipendio minimo, da 1.000 a 1.300 TL che, secondo alcuni analisti, potrebbe indurre le aziende ad aumentare i prezzi e ridurre l’organico al fine di mantenere il margine operativo atteso (Hurriyet Daily News).

Consumi: spese pazze, fiducia ma tanto indebitamento

A Novembre l’indice dei prezzi è salito dello 0,67% mensile e dell’8,10% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, principalmente nel settore della ristorazione (13,44%) e dell’abbigliamento (5,37%) [TurkStat, Consumer Price Index, Novembre 2015].

Nonostante la crisi con la Russia, e data la stabilità sperata dopo le elezioni del 1 Novembre, l’indice di fiducia dei consumatori a Novembre è cresciuto del 22.9% rispetto al mese precedente. Generalmente, i turchi si aspettano una migliore condizione finanziara (+10,5%) e una migliore situazione economica (+30.9%), con una probabilità di risparmio maggiore (+17,3%) [TurkStat, Consumer Confidence Index, Novembre 2015].

In Turchia la propensione all’accesso al credito al consumo è alta. Si stima, infatti, che il credito erogato dal sistema bancario si attesti a 376 miliardi, ovvero il 23,8% dei 1.575 miliardi richiesti. I debiti personali, usati per ripagare altri debiti, rappresentano il 40% del totale del credito al consumo: non è raro, infatti, l’apertura di prestiti per ripagare debiti delle carte di credito. I pagamenti con carte di credito rappresentano il 18% del totale del credito al consumo. Sull’ammontare complessivo di 376 miliardi, circa il 4% risultano non-performanti , ovvero debiti che non potranno essere coperti. I dati evidenziano come il credito al consumo sia quello che ha la maggior percentuale di debiti non-performanti (36,2% del totale dei non-performing). Un dato che mostra come il rischio di insoluto sia più elevato tra il consumatore finale, rispetto all’industria [Hürriyet Daily News].

A tale proposito, per rilanciare i consumi, è stata estesa la possibilità di rateizzare fino a 12 mesi (attualmente è 9) gli acquisti tramite carta di credito per elettrodomestici, mobili e materiali scolastici. Data la propensione alla rateizzazione, è facile aspettarsi un incremento nel credito al consumo e, parallelamente, un aumento dei non-performing. Inoltre, l’aumento del tasso di interesse da parte della Federal Reserve, rafforzando il dollaro, potrebbe incidere ulteriormente sia sui prezzi, sia sui tassi di interesse sul credito.

Esportazioni: continua la discesa, la bilancia commerciale sempre più in deficit.

Esportazioni. Diminuite del 10,5% rispetto a Novembre 2014, nei primi undici mesi dell’anno hanno fatto segnare un -8,6% a causa della crisi geopolitica e la debole ripresa economica dell’Europa. Già nel mese di dicembre si dovrebbero intravedere quali sono gli effetti dell’embargo attuato dalla Russia, in particolare proprio nel settore agricolo dove la Turchia era tra i primi partner. L’apertura dei capitoli negoziali ed il piano per il 2016 di integrare maggiormente la Turchia nell’Unione Europea, invece, potrebbe dare impulso alle esportazioni verso il continente.

Cosa aspettarsi quindi?

E’ sempre difficile fare delle previsioni su come si evolverà l’economia. Tuttavia dai dati raccolti è facile capire che le politiche economiche future saranno maggiormente volte a sostenere la domanda interna.

L’aspetto critico è il sempre più elevato utilizzo del credito al consumo, e dell’indebitamento privato, per sostenere gli acquisti. I negoziati con l’Unione Europea potrebbero in qualche modo impedire questo processo attraverso l’imposizione di normative di controllo dell’accesso al credito e, di conseguenza, ridurre la domanda che ad oggi è largamente sostenuta con l’indebitamento privato.

Un ulteriore punto critico di medio termine, che potrebbe influenzare la produzione industriale, riguarda la libera circolazione delle merci, su cui sono state sollevate delle critiche da parte della UE. Una rimozione dei dazi doganali e di talune tasse su prodotti di importazione, incentiverebbe l’ingresso libero di prodotti stranieri, mettendo a rischio la produzione locale che non potrebbe contare più sull’aiuto delle regolamentazioni statali, con un possibile calo della produzione industriale.

Sul fronte del Turismo la situazione geopolitica potrebbe inficiare gli sforzi di Ankara nel sostenere gli arrivi dall’Europa. Resta da capire se il turismo da Paesi mediorientali, che recentemente ha registrato un lieve aumento, potrà risultare una nuova fonte di ricavo o meno per il settore.

Ultimo ma non ultimo, l’inflazione che rimane ancora a tassi elevati. La banca centrale turca prevede per il 2016 il 5%, ma il settore energetico e l’aumento degli stipendi minimi potrebbe dare una spinta al rialzo, frenando i consumi. Sempre secondo il Governatore della Banca Centrale, tuttavia, la riduzione delle esportazioni verso la Russia di pprodotti agrigoli, farebbe aumentare l’offerta interna e, di conseguenza, diminuire i prezzi di frutta e verdura e questo potrebbe contenere l’inflazione.

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