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Questa è la seconda, e ultima, parte dell’intervista al Prof. Emiliano Brancaccio dove parla del rapporto tra Turchia e Euro e delle politiche macroeconomiche che la Turchia dovrebbe adottare per evitare l’esplosione della bolla in cui si trova. 

Guarda la prima parte: L’Italia nella gabbia dell’Euro

Il Nuovo Levantino: Esiste un futuro per la Turchia all’interno dell’Eurozona?

Emiliano Brancaccio: La Turchia ha reagito alla cosidetta “Grande Recessione” che è esplosa nel 2008, ha reagito meglio di quanto abbiano fatto i cosidetti paesi periferici dell’Unione Monetaria Europea, tra i quali c’è anche l’Italia. L’Italia e gli altri paesi periferici dell’Unione Monetaria Europea hanno patito la crisi iniziata nel 2008 in misura estremamente pesante, basti pensare che Italia,Irlanda, Grecia, Portogallo e Spagna hanno perso circa 6 milioni e 200 mila posti di lavoro dal 2008 al 2013. Questo non è avvenuto in Turchia dove la recessione si è sentita, nel primo anno, ma dove, a causa di una situazione macroeconomica piuttosto diversa, il paese, la Turchia, è riuscito a reagire in modo molto rapido e oggi si è ritrovato con una crescita, nell’arco di cinque anni, di oltre il 20%. Il che sta ad indicare che quella che è stata una recessione molto pesante, diciamo nel sud Europa, in realtà in Turchia è stata avvertita in misura molto molto limitata. Questo ci fa pensare, evidentemente, che forse, oggigiorno, alla Turchia non è detto che convenga accelerare il processo di integrazione all’interno dell’Unione Europea e in particolare tanto più all’interno di una eventuale  unione monetaria. Infatti uno dei motivi per cui la Turchia è riuscita a uscire dalla crisi più rapidamente, sta proprio nel fatto che questo paese gode di una serie di possibilità che dal punto di vista della politica economica che oggi sono precluse, per esempio, all’Italia. Basti pensare che l’Italia non dispone più della sovranità sulla propria moneta e questo lo paga; basti pensare che la Turchia, se volesse, potrebbe introdurre forme di controllo dei movimenti del capitale, cosa che evidentemente l’Italia, restando all’interno dell’Unione Europea, non potrebbe fare.

Sulla Turchia c’è da fare, ovviamente, una precisazione. La Turchia è un paese che è stato caratterizzato da una fase di sviluppo molto accentuato nel corso di questi anni. Tuttavia la Turchia presenta un elemento di fragilità molto rilevante che, per certi versi, la fa molto somigliare ai paesi periferici dell’Eurozona. La Turchia, infatti, tende sistematicamente ad importare più merci di quanto ne esporti. Questo comporta una forte crescita del debito verso l’estero di questo paese. La Turchia ha chiuso il 2013 con un indebitamento verso l’estero, con un deficit delle partite correnti, di quasi l’8% del prodotto interno lordo. Questa è una situazione, per molti versi, difficilmente sostenibile che è indicativa del fatto che questo paese dipende troppo dai flussi di capitale provenienti dall’estero. Bisognerebbe creare le condizioni affinché la Turchia, anche attraverso meccanismi di controllo di movimenti di capitale, che evidentemente la Turchia può attuare perchè non sta nell’Unione Europea, ecco questo Paese dovrebbe cercare di rientrare da questo boom di indebitamento verso l’estero se vuole evitare di incappare in una crisi valutaria anche più pesante di quelle che si già si sono verificate in questo paese nel 1994, nel 2001 e adesso anche recentemente.

Il Nuovo Levantino: Andando avanti di questo passo la Turchia dove finirebbe?

Emiliano Brancaccio: Si troverebbe al cospetto di una crisi valutaria con una fuga di capitali all’estero perchè una cosa è certa: quando si dipende troppo dai capitali esteri si presenta un problema. I capitali esteri così come arrivano facilmente, così se ne vanno molto facilmente. Questa è una situazione nella quale, diciamo, la Turchia rischia di trovarsi con la conseguenza di ritrovarsi con una caduta del tasso di cambio molto più accentuata di quello che si determinerebbe se questa fase di transizione, di uscita, dall’indebitamento estero venisse gestita tramite controlli su movimenti di capitale. Possiamo dire, nella sostanza, che la Turchia si trova nel mezzo di una bolla speculativa che può sgonfiarsi o che può scoppiare. Meglio che si sgonfi, meglio che venga gestita.